
Il contesto politico e le implicazioni energetiche(www.motori.forumfree.it)
Le prime reazioni all’accordo tra Unione Europea e Stati Uniti sull’imposizione di un dazio unico hanno già acceso il dibattito.
L’intesa, che mira a stabilizzare le relazioni commerciali transatlantiche dopo anni di tensioni tariffarie, presenta luci e ombre per il settore automobilistico e per l’intero comparto industriale europeo.
La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha commentato che il settore auto europeo, che fino a ieri sosteneva dazi complessivi del 27,5% (25% più 2,5%), ora si trova a pagare un’aliquota unica e massima del 15%. “Questo 15% rappresenta un limite massimo ed è tutto compreso – ha spiegato la presidente – garantendo chiarezza e stabilità per le imprese e i cittadini europei”. Von der Leyen ha sottolineato come si tratti del risultato più favorevole possibile in una trattativa complessa e che la riduzione dei dazi rappresenta un passo avanti significativo per le esportazioni europee verso gli Stati Uniti.
Tuttavia, il provvedimento riguarda anche altri settori strategici: oltre alle automobili, sono coinvolti prodotti farmaceutici e semiconduttori, mentre rimangono invariati i dazi su acciaio, alluminio e rame, con un’imposizione del 50%. La Casa Bianca ha inoltre annunciato investimenti per 600 miliardi di dollari e ha escluso tassazioni sulle reti digitali, un punto importante per la cooperazione tecnologica transatlantica.
Reazioni contrastanti nel settore automobilistico europeo
L’ACEA (Associazione dei Costruttori Europei di Automobili) ha accolto con un cauto ottimismo l’accordo, riconoscendo che rappresenta un passo verso la riduzione delle incertezze nelle relazioni commerciali. Sigrid de Vries, direttore generale di ACEA, ha tuttavia evidenziato che “gli Stati Uniti continueranno a mantenere dazi più elevati su alcune automobili e componenti, influenzando negativamente sia l’industria europea che quella statunitense”. L’associazione ha annunciato che analizzerà nei dettagli i termini dell’intesa per valutare le conseguenze sulla produzione e sull’export europeo.
Diversa la posizione della federazione tedesca VDA, che ha espresso forte preoccupazione. Hildegard Müller, presidente dell’associazione, ha dichiarato che “i dazi del 15% sulle auto europee esportate negli USA peseranno sulle case automobilistiche tedesche, con perdite di miliardi di euro ogni anno”. La VDA ha criticato la gestione negoziale, sottolineando come gli accordi avrebbero dovuto essere condotti bilateralmente e non affidati all’attuale leadership europea.

Oltre all’automotive, l’accordo sui dazi ha sollevato allarmi nel comparto agroalimentare italiano. Il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, ha definito l’intesa “più una resa che un accordo”, evidenziando rischi concreti per le esportazioni di prodotti simbolo del Made in Italy come vino, olio extravergine, pasta, riso e formaggi Dop. Con un export verso gli Stati Uniti che nel 2024 ha superato i 7,8 miliardi di euro, l’agroalimentare teme non solo perdite dirette, ma anche ripercussioni sull’intero indotto e sull’occupazione.
Il settore vitivinicolo, in particolare, dipende fortemente dal mercato statunitense: vini bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, vini rossi toscani e piemontesi e il Prosecco rischiano di subire una perdita di competitività a favore di prodotti concorrenti provenienti da Argentina, Australia e Cile. Anche l’olio extravergine italiano, con una quota del 32% dell’export totale destinata agli USA, potrebbe vedere un calo della domanda a favore di oli più economici provenienti da paesi terzi.
Misure di sostegno e strategie italiane di fronte ai dazi
Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha affermato che “ogni dazio superiore allo zero rappresenta un problema per le imprese italiane”, stimando un impatto potenziale di 22,6 miliardi di euro sulle vendite verso gli USA. Orsini ha inoltre sottolineato come la svalutazione del cambio euro-dollaro aggravi ulteriormente il costo effettivo dei dazi. Tra i settori più a rischio, oltre all’automotive, vi sono la farmaceutica, i macchinari e gli utensili, tutti coinvolti nelle trattative commerciali in corso.
Per contrastare gli effetti negativi, Orsini ha chiesto “misure urgenti per incentivare investimenti e aumentare la produttività delle imprese”. Ha inoltre sollecitato un impegno a livello europeo per compensare le perdite di competitività, suggerendo l’attuazione di un piano industriale straordinario e la diversificazione dei mercati di esportazione, puntando su aree ad alto potenziale di crescita per il Made in Italy.