
Le tariffe doganali minacciano di far lievitare i prezzi delle auto nuove(www.motoriforumfree.it)
Mentre l’industria automobilistica si avvicina alla fine di un altro anno, cresce l’urgenza di affrontare l’impatto delle tariffe doganali.
Queste misure, che prevedono un aumento del 15% sulle importazioni, rappresentano oggi una minaccia concreta per i prezzi dei nuovi veicoli e la sostenibilità economica delle case automobilistiche, già sotto pressione per mantenere competitività e profittabilità.
Tradizionalmente, i prezzi nell’industria automobilistica tendono ad aumentare verso la fine dell’anno, in concomitanza con il lancio di modelli aggiornati e nuovi. Tuttavia, questa prassi è stata finora bilanciata da offerte promozionali sui modelli dell’anno precedente, un modo per i concessionari di svuotare i magazzini. Nel 2025, però, questa dinamica è stata complicata dall’introduzione delle tariffe del 15% sulle auto importate da Giappone ed Europa, una misura che sembra destinata a perdurare a causa di difficoltà negoziali tra Washington e Bruxelles.
Secondo un’analisi di Marketplace, le case automobilistiche stanno rapidamente esaurendo il tempo a disposizione per gestire l’impatto di queste misure tariffarie. La stagione di svendita di fine anno rappresenta l’ultima occasione per smaltire le scorte prima che i costi aggiuntivi si riflettano definitivamente sui prezzi al consumatore. Attualmente, il prezzo medio di un veicolo negli Stati Uniti si aggira appena sotto i 50.000 dollari, e l’inevitabile passaggio dei costi delle tariffe ai clienti potrebbe far schizzare la cifra ben oltre i 60.000 dollari entro il 2026.
Il dilemma tra tariffe e profitti: chi pagherà il conto?
Le aziende automobilistiche non possono assorbire all’infinito l’impatto economico delle tariffe. Nonostante un atteggiamento prudente e riservato durante gran parte del 2025 – per evitare scontri politici e ricordando le pressioni subite in passato sotto l’amministrazione Trump – la realtà finanziaria è ormai ineludibile. I grandi produttori hanno già comunicato che le loro marginalità subiranno un calo significativo, per miliardi di dollari.
Il governo statunitense, da parte sua, sembra puntare a trasformare le tariffe in una sorta di aumento indiretto della tassazione aziendale, contando sul fatto che le compagnie accetteranno la nuova realtà senza protestare troppo. Tuttavia, questa strategia potrebbe ritorcersi contro, poiché la riduzione dei profitti e il calo delle quotazioni azionarie spingeranno inevitabilmente le imprese a trasferire almeno parte dei costi aggiuntivi ai consumatori.
Nel frattempo, il mercato americano ha mostrato una certa “febbre da acquisto” negli ultimi mesi, con consumatori che hanno anticipato gli acquisti per evitare gli aumenti tariffari. Le previsioni di S&P Global indicano un 2025 comunque positivo, con vendite che potrebbero superare i 16 milioni di veicoli nuovi. L’incognita più grande riguarda però il 2026, quando l’effetto combinato di prezzi più alti e consumatori più cauti potrebbe provocare un brusco rallentamento.

L’aumento dei prezzi delle auto nuove colpirà direttamente i bilanci mensili delle famiglie, già sotto pressione per l’aumento dei costi in diversi settori. In questo contesto, la richiesta di tassi di interesse più bassi diventa strategica: i consumatori avranno bisogno di finanziare l’acquisto dell’auto e di contenere il costo del debito. La pressione politica sull’amministrazione Trump per mantenere i tassi bassi è dunque comprensibile, ma potrebbe non bastare a stimolare la domanda.
Il rischio concreto è che, come nel 2008 durante la crisi finanziaria, un calo improvviso del credito provochi un crollo delle vendite. Allora, la risposta fu una drastica riduzione dei prezzi e un allungamento dei tempi di possesso dell’auto ben oltre i dieci anni, una tendenza che ha influenzato negativamente il mercato per anni, spingendo i produttori a puntare su modelli più costosi per compensare il calo delle vendite.
Oggi, con le tariffe a gravare sui costi, l’industria automobilistica rischia una crisi simile, senza però poter contare su tagli di prezzo immediati. L’unica alternativa è affrontare un periodo di incertezza e rialzi dei prezzi, con conseguenze di vasta portata per consumatori e produttori.