
Ralf Schumacher: “Quando non sei più competitivo, è tempo di andare”(motori.forumfree.it)
La domanda “perché la Ferrari non vince più in Formula 1?” continua a dominare il dibattito tra appassionati e addetti ai lavori.
FormulaPassion ha raccolto le opinioni di numerosi esperti del settore, tra analisti tecnici e professionisti del motorsport, per cercare di fornire una chiave di lettura articolata e aggiornata sul momento di difficoltà della Scuderia. Di seguito, l’analisi dettagliata delle ragioni che stanno dietro al digiuno iridato della celebre casa automobilistica di Maranello.
Gianluca Calvaresi ricorda che l’epoca d’oro della Ferrari è coincisa con gli anni di Michael Schumacher, quando i test privati erano liberi e quindi fondamentali per lo sviluppo della monoposto. Oggi invece, con i test in pista quasi aboliti, vince chi riesce a tradurre al meglio il lavoro fatto nei simulatori in prestazioni reali. La Ferrari soffre da anni di gravi “problemi di correlazione” tra simulatore e pista, con una macchina che appare velocissima nei dati virtuali ma che poi non si traduce in risultati concreti. Questo gap è sintomo di una struttura tecnica che non ha ancora saputo adattarsi completamente alla F1 digitale, lasciando troppo carico aerodinamico “prigioniero” degli schermi e non trasferito efficacemente sulla vettura reale.
Carlo Platella evidenzia come la Ferrari, pur restando ai vertici, non abbia mai compiuto il salto decisivo verso il successo nell’era moderna. Il problema cruciale risiede nell’instabilità organizzativa: dal 2012 a oggi si sono susseguiti cinque team principal, a differenza di Mercedes e Red Bull che hanno mantenuto leadership stabili per anni. Questa continua pressione mediatica e la caccia ai colpevoli impediscono di creare un ambiente sereno, indispensabile per la crescita e la maturazione tecnica. Il confronto con i top team dimostra che la forza vincente è un collettivo coeso e stabile, non solo il talento individuale.
Le conseguenze dell’instabilità gestionale e politica
Matteo Senatore indica l’instabilità come uno degli ostacoli più gravi per la Ferrari. Un team vincente necessita di un team principal forte, sostenuto senza intermediari dalla proprietà, con un mandato pluriennale (almeno 7-8 anni) per operare con autonomia e senza pressioni. La selezione rigorosa dei vertici dovrebbe basarsi sul merito e sulla competenza, non su simpatie o equilibri interni. La presenza di una leadership solida permetterebbe di costruire un progetto a lungo termine, con collaboratori fidati e un’organizzazione che non sia vittima di compromessi al ribasso.
Federico Albano aggiunge che dal punto di vista tecnico la SF-23, evoluzione della F1-75, ha mostrato un progetto ancora acerbo. Nel tentativo di migliorare le prestazioni in velocità di punta, Ferrari ha modificato radicalmente il concetto aerodinamico ad alto carico, perdendo però riferimenti essenziali. La perdita di correlazione aerodinamica ha costretto i tecnici a un brusco riadattamento, con evidenti carenze sia di carico verticale sia di efficienza. Le modifiche regolamentari hanno aggravato la situazione, mettendo in crisi il modello su cui si fondava la Rossa. La gestione centralizzata e l’assenza di un piano alternativo hanno portato all’uscita di figure chiave e a un periodo di transizione delicato, il cui esito determinerà la durata del digiuno agonistico.

Alessandro Prada sottolinea che la continua alternanza al vertice, con quattro team principal in meno di dieci anni, rappresenta una chiara necessità di tornare competitivi dopo quasi vent’anni senza titoli. La Ferrari, con la sua storia unica, è sottoposta a una pressione mediatica e sociale enorme, che genera caos interno e frustrazione. Questo clima rende complicato stabilire basi solide per la rinascita, a differenza di Mercedes e Red Bull, che hanno beneficiato della stabilità e di personalità di lungo corso.
Marco Belloro ricorda come la tradizione e il palmarès della Ferrari siano ineguagliabili, ma che ciò non si traduce automaticamente in vantaggi tecnici sul giro secco o in potenza della power unit. Il vero valore si trova nella continuità di esperienza e competenze interne, spesso trasmesse come in una staffetta. Il ciclo vincente degli anni 2000 fu favorito da un blocco tecnico e dirigenziale granitico, con figure come Jean Todt, Michael Schumacher, Ross Brawn e Rory Byrne che lavorarono in sintonia sotto la direzione di Luca Cordero di Montezemolo, una stabilità oggi assente. La mancanza di un vero “patron” del motorsport con una profonda conoscenza politica del settore indebolisce la capacità della Ferrari di giocare un ruolo da protagonista anche fuori dalla pista.