
Il mercato italiano è in crisi - www.Motori.ForumFree.it
In Italia, non facciamo abbastanza per incentivarlo. Il mercato delle auto va a picco rispetto all’estero…
L’industria automobilistica europea sta attraversando un periodo di profonda trasformazione, con dati aggiornati che evidenziano cambiamenti significativi nella produzione e nelle dinamiche di mercato. L’ultima analisi dell’Associazione europea dei costruttori di automobili o ACEA relativa al 2024, conferma una tendenza preoccupante per l’Italia, che vede diminuire il proprio peso nella produzione continentale. Nel frattempo, nazioni come l’Ungheria emergono come nuovi protagonisti, attratte da vantaggi energetici e investimenti stranieri.
Secondo i dati ACEA aggiornati al 2024, la Germania mantiene saldamente il primato nella produzione di veicoli con oltre 4 milioni di auto costruite, pari al 35,7% della quota totale europea. I grandi marchi tedeschi come Volkswagen, Audi, BMW, Mercedes-Benz, Opel, Ford e Tesla continuano a trainare il settore, nonostante le difficoltà legate ai costi energetici elevati.
Al secondo posto si posiziona la Spagna, con quasi 1,9 milioni di veicoli prodotti (16,4%), seguita da vicino da Repubblica Ceca e Slovacchia, rispettivamente al 12,7% e 8,7%. Questi paesi hanno saputo intercettare investimenti importanti da parte di colossi automobilistici internazionali, grazie anche a condizioni energetiche e fiscali favorevoli.
L’Ungheria si distingue come la sorpresa del 2024, con una produzione di 437.045 veicoli (3,8% del totale europeo), sostenuta dalla presenza consolidata di marchi quali Audi, Mercedes-Benz e Suzuki, ma soprattutto dall’imminente insediamento del gruppo cinese BYD, leader mondiale nei veicoli elettrici. Questa mossa promette di rafforzare ulteriormente la posizione ungherese, attirando nuove commesse e incrementando la competitività del settore locale.
La crisi della produzione automobilistica italiana
L’Italia si attesta al settimo posto con una produzione di 309.758 veicoli, pari a un modesto 2,72% della produzione europea, una quota in netto calo rispetto al passato. Nel 1989, infatti, l’Italia produceva circa 2 milioni di auto, quasi il doppio della produzione attuale tedesca, e rappresentava uno dei principali poli mondiali dell’auto termica, con marchi storici come Fiat, Lancia, Ferrari e Maserati.
Oggi, l’industria italiana soffre soprattutto per la mancanza di investimenti esteri significativi, in particolare da parte della Cina, nonostante un indotto altamente specializzato e di qualità. Il clima politico e commerciale tra Italia e Cina, complicato anche dalla posizione italiana favorevole ai dazi europei sulle auto elettriche cinesi, ha impedito a grandi gruppi come BYD di stabilirsi sul territorio nazionale.
Inoltre, il settore italiano paga il prezzo della transizione europea verso la mobilità elettrica, con infrastrutture di ricarica ancora insufficienti e costi energetici elevati. La quota di mercato delle auto elettriche a batteria nell’UE ha raggiunto il 15,6% nel primo semestre 2025, ma la penetrazione italiana resta inferiore, penalizzata dalla carenza di colonnine ultra-veloci e da un sistema energetico poco competitivo.

Il mercato automobilistico europeo ha registrato un calo delle immatricolazioni del 1,9% nel 2025, in controtendenza rispetto alla crescita globale guidata dalla Cina pari a +12% e al Nord America che sale al +2,5%. La diminuzione europea riflette le difficoltà di adattamento a nuove normative ambientali e tecnologiche, oltre alle tensioni sui costi energetici.
Le auto ibride continuano a dominare con una quota del 34,8%, mentre la domanda di veicoli a benzina e diesel è scesa al 37,8%, segnalando un cambiamento nelle preferenze dei consumatori, ma anche la necessità di un’infrastruttura più efficiente per supportare la diffusione dei veicoli elettrici. In questo momento difficile, la capacità di attrarre investimenti esteri, migliorare le infrastrutture di ricarica e contenere i costi energetici sarà cruciale per il rilancio dell’industria automobilistica italiana, altrimenti destinata a perdere ulteriori quote di mercato in favore di Paesi più competitivi.